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giovedì 13 settembre 2007

Hong Kong, ua squadra di lombrichi per fronteggiare l’emergenza rifiuti

Dalla capitale asiatica ci giunge un suggestivo e innovativo progetto, nato coll’intenzione di “smaltire” il problema rifiuti. Hong Kong deve eliminare ogni giorno 15.000 tonnellate di scarti prodotti dai suoi sette milioni di abitanti. Un enorme quantità che, secondo gli esperti, nel giro di tre anni renderà traboccanti i già siti di smaltimento.

L’idea rivoluzionaria prende spunto proprio dal ciclo della natura. Infatti, a consumare gli scarti e a trasformarli in fertilizzante, saranno 80milioni di lombrichi, abili “spazzini naturali”, noti per la loro capacità di riciclaggio. Il procedimento è semplicissimo: i lombrichi, proprio grazie ai rifiuti organici, loro fonte di nutrimento, prima che questi si decompongono, li metabolizza e li trasforma in proprie deiezioni - in cui il carbonio è fissato in composti organici solidi e liquidi.

Per la ditta australiana, che ha realizzato questo progetto, i lombrichi consumeranno i rifiuti e li trasformeranno in materiale organico inodore, che potrà essere utilizzato come fertilizzante.

Secondo David Ellery, direttore dell'azienda australiana che sta introducendo la tecnologia di riciclaggio a Hong Kong, «In natura i lombrichi hanno consumato e riciclato rifiuti per milioni di anni. Quello che abbiamo fatto è di adattare il processo naturale alle esigenze di smaltimento del ventunesimo secolo, per far fronte a un grosso problema in maniera più concentrata».

Sicuramente i processi chiederanno tempo, però è un passo avanti per fronteggiare, nella maniera più pulita, l’emergenza rifiuti; è importante, a mio avviso, guardare nella direzione in cui sprechi, inquinamento e ecomafie, non sono concessi, prendendo pure spunto da ciò che la natura ci offre.

venerdì 7 settembre 2007

CLIMA, L'ITALIA SI SCALDA PIU' DEL PIANETA

In Italia il riscaldamento dell'aria aumenta ad un ritmo maggiore di quello registrato in media nel Pianeta. Un fenomeno che costituisce da solo un segnale importante dell'avanzata dei cambiamenti climatici nel nostro Paese, alle prese con l'aumento delle ondate di calore e la diminuzione delle precipitazioni. A scaldarsi poi non è solo l'aria, ma anche l'acqua, ad esempio dei nostri laghi. E poi ci sono le variazioni di fenomeni atmosferici estremi come la grandine, che sembra abbiano aumentato la loro frequenza.

Questi i principali dati emersi oggi a Roma nel corso della presentazione del Cnr di un volume che raccoglie le ricerche più recenti e in corso svolte dall'Ente, sul tema dei cambiamenti climatici. Un'occasione per fare il punto sul caso italiano e ribadire, come sottolineato da Franco Prodi, direttore dell'Istituto di Scienza dell'atmosfera e del clima del Cnr "il ruolo fondamentale della ricerca". Il lavoro di raccolta ha coinvolto 24 istituti e circa 500 ricercatori, disponibile anche on-line ed elaborato in vista della Conferenza nazionale sui mutamenti climatici promossa dal ministero dell' Ambiente e organizzata dall'Apat, che si terrà a Roma il 12 e 13 settembre. Ecco i principali dati del Cnr diffusi oggi:

- RISCALDAMENTO: Sul fronte delle temperature la variazione registrata sul nostro Paese è di un grado in 100 anni (1865-2003), più alta del valore medio registrato su scala globale, che è di 0,74 gradi /100 anni (dati Ipcc dal 1906 al 2005). Questo quanto emerge dall'analisi delle nostre serie storiche, visto che gli strumenti per la misura dei parametri meteorologici sono nati in Italia nel XVII secolo. Ai fini scientifici, il Cnr ha creato poi con altri enti un data base con i dati di temperature e precipitazioni di oltre 100 stazioni, distribuite sul territorio nazionale, che coprono gli ultimi 200 anni circa. "Bisogna considerare comunque anche la collocazione delle stazioni - ha spiegato Michele Colacino del Cnr - che in passato era alle periferie delle città, mentre oggi, come a Roma, è in pieno centro";

- ONDATE DI CALORE: Significativo l'aumento delle ondate di calore, decisamente in crescita: il numero dei giorni 'caldi' registrati nei mesi estivi, da giugno a settembre, è passato dal 10% del decennio 1960-1970 al 40% del decennio 1990-2000.

- PRECIPITAZIONI: La valutazione è complessa. Considerando gli ultimi 150 anni, la variazione non è statisticamente significativa, mentre valutando gli ultimi 50-60 anni, l' ammontare delle piogge risulta fortemente ridotto. Nell'Italia meridionale piove il 12-13 per cento in meno, in quella settentrionale la diminuzione è compresa tra 8 e 9 per cento. Si riducono le precipitazioni leggere (meno di 20 mm al giorno) e aumentano quelle intense (maggiori di 70 mm/g). Con minore risorse di acqua e maggiore rischio di frane e alluvioni. Sempre sul fronte delle precipitazioni, secondo prime analisi nell'area del Centro Italia, dai trend passati risulta un aumento significativo nella frequenza di eventi di grandine e scenari futuri mostrano che la probabilità annuale di eventi di grandine sembrano in crescita, specie in primavera;

- RISCALDAMENTO DELLE ACQUE DEI LAGHI: Negli ultimi 50 anni, in particolare dalla metà degli anni '80, la stabilita' della massa d'acqua del Lago Maggiore è aumentata sensibilmente e si sono ridotte le profondità raggiunte dal rimescolamento invernale. In particolare, è aumentata la temperatura di tutta la colonna d'acqua: nel 1956 era di 5,8 gradi, nel '63 e' stata di 5,9 gradi e nel 1979 di 6 gradi. Nel 2006 la temperatura ha segnato 6,22 gradi.

ON-LINE FILO DIRETTO CON PECORARO SCANIO
La questione clima arriva on line. Parte infatti un dialogo aperto in cui i cittadini potranno fare osservazioni e dire la loro sulla web tv del sito della Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici, dove l' appuntamento clou sara' il faccia a faccia con il ministro dell' Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, previsto lunedi' 10 settembre. Bastera' armarsi di computer e sara' possibile confrontarsi con il ministro via webcam o tramite email. Chiunque si puo' registrare. A dare il via al 'filo diretto' con i responsabili scientifici ed organizzativi sara' il confronto con Giancarlo Viglione, commissario straordinario dell'Apat (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici), giovedi' 6 settembre, dalle 19 alle 20. Venerdi' sara' invece il turno del coordinatore scientifico dell'evento, Vincenzo Ferrara. I tre appuntamenti aperti a tutti sono parte integrante della preparazione della Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici, voluta dal ministero dell'Ambiente e organizzata dall'Apat, che si apre a Roma il 12 settembre con il ministro Alfonso Pecoraro Scanio, il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, il commissario Apat, Giancarlo Viglione, il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, alla presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il giorno seguente, i lavori continueranno alla presenza del presidente del Senato, Franco Marini, con la partecipazione di un folto numero di ministri (Padoa Schioppa, Bersani, De Castro, Mussi) e rappresentanti del mondo del lavoro e della produzione (i segretari delle Confederazioni sindacali, Marcegaglia per Confindustria), della ricerca (tra gli altri il premio Nobel Rubbia), della politica e degli organismi internazionali. Secondo il programma diffuso dagli organizzatori, concludono i lavori il ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio e il presidente del Consiglio, Romano Prodi.

Record di gas serra: 7 milioni e mezzo di tonnellate. E’ la quantita’ emessa ogni anno dall’industria chimica italiana

Con gli incendi di quest’estate, rischia di andare in fumo anche la lotta al cambiamento climatico. Dai roghi italiani si sono levate sette milioni e mezzo circa di tonnellate di CO2, una quantità di gas serra equivalente a quella emessa ogni anno dall’industria nella produzione di sostanze chimiche.

In altre parole, è come se fosse finito in atmosfera il 5% dell’impegno attuale di riduzione di emissioni nazionali, preso dal nostro paese nel rispetto del Protocollo di Kyoto e delle direttive europee.

Sono questi i dati forniti dal Ministero dell’Ambiente ed elaborati dall’Apat (Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente) sul contributo degli incendi italiani al riscaldamento del pianeta. Fino al 26 agosto sono andati in fumo circa 53.700 ettari di superfici boscate. I roghi hanno prodotto – a quella data- 7 milioni e 323 mila tonnellate di CO2.

“Gli incendi contribuiscono in maniera sensibile alle emissioni di gas che sconvolgono il clima terrestre. Inoltre, le foreste e i boschi andati distrutti non faranno il loro lavoro di assorbimento della CO2, aumentando il danno all’equilibrio del sistema climatico”: lo spiega Vincenzo Ferrara, responsabile scientifico della Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici che si terrà a Roma, il 12 e 13 settembre, promossa dal Ministero dell’Ambiente e organizzata da Apat. “Inoltre, il rapporto tra il clima che cambia e gli incendi è un circolo perverso. L’aumento delle temperature (nel periodo gennaio-luglio 2007 la temperatura media dell’emisfero nord, con un’anomalia di 0,76°C, è stata la più alta di questi ultimi 127 anni) favorisce il propagarsi degli incendi. E anche la siccità funziona da meccanismo di innesco: le previsioni elaborate dalle Nazioni Unite per l’area mediterranea vedono una riduzione tra il 20 ed il 25% delle piogge nelle nostre regioni entro il 2100. I focolai accesi per interessi criminali contro il territorio trovano esche molto asciutte”.

“Chi mette a fuoco un bosco non danneggia solo la sua comunità ma anche il clima della Terra”, rileva il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. “Le cifre sul contributo degli incendi di quest’estate all’aumento delle emissioni di gas serra non lasciano spazio a dubbi: questo reato va giudicato come un vero e proprio attentato contro la salute del pianeta e dei cittadini”. Dalla Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici usciranno delle proposte strategiche per la gestione del territorio che fanno i conti con l’aumentare della febbre del pianeta. “I sistemi di allerta rapida si devono combinare con le azioni di ripristino e restauro ecologico per il mantenimento degli equilibri naturali: il bosco è un argine al cambiamento climatico, e come tale la sua protezione va messa tra le priorità di governo del territorio”.

“Dai roghi non si sprigiona solo CO2, il maggiore dei gas che alterano il clima - aggiunge Roberto Caracciolo, direttore di dipartimento APAT - ma sostanze che danneggiano direttamente la salute umana: negli incendi di questa prima parte dell’anno si sono prodotte oltre 7.000 tonnellate di PM10 - il particolato sottile che entra nelle vie respiratorie ed è alla base di 8.000 decessi l’anno nelle 13 maggiori città italiane (dati Oms/Apat)- e più di mille tonnellate di diossina, composto cancerogeno”.

Di seguito, le tabelle con le stime Apat delle emissioni di CO2 da incendi a partire dal 1990 (tabella 1) e le quantità di composti chimici dannosi per la salute emessi dagli incendi negli ultimi tre anni (tabella 2).

lunedì 3 settembre 2007

Clima. Allarme Ue: Europa a rischio disastro, il crepuscolo del turismo mediterraneo


Il riscaldamento globale potrebbe costare all'Europa migliaia di vite e miliardi di euro entro i prossimi 70 anni. E' drammatico lo studio sulla situazione climatica e ambientale elaborato dalla Commissione europea e pubblicato oggi dal Financial Times.

Se non saranno presi provvedimenti sulle emissioni dannose, ammonisce Bruxelles, l'effetto serra e il relativo surriscaldamento del pianeta andranno avanti a passi veloci.

Le prime avvisaglie del clima bizzarro, d'altra parte, sono sotto gli occhi di tutti. Le possibili conseguenze per l'Europa, secondo il rapporto, investono un po' ogni settore e andrebbero a colpire in particolare le aree meridionali del continente, con l'Italia in prima fila.

Mentre il Nord Europa avrebbe un clima più mite e la possibilità di un' agricoltura più generosa, altrove si avrebbero siccità, gran caldo, inondazioni e colture depresse.

Sulla base dello studio ambientale, elaborato anche con sistemi satellitari, il rapporto Ue evidenzia due possibili scenari di riferimento. Il primo prevede un innalzamento della temperatura di 2,2 gradi; il secondo, più tragico, prevede un innalzamento di 3 gradi. In entrambi i casi, entro un decennio, circa 11.000 persone in più potrebbero morire ogni anno a causa del caldo, mentre l'innalzamento del livello del mare causerebbe danni per un valore di miliardi di euro.

Successivamente, nel caso del primo scenario (+2,2 gradi), quasi 29.000 persone in più potrebbero morire ogni anno nel Sud Europa dal 2071. Il quadro più grave riguarda proprio l' Italia che, insieme alla Spagna, potrebbe essere destinata a soffrire maggiormente questa situazione catastrofica a causa, si legge nel rapporto, di "siccità, riduzione della fertilità del suolo, incendi e altri fattori dovuti al cambiamento di clima".

Ma lo studio non risparmia flora e fauna: "Piante e animali tipici di certe aree geografiche moriranno o si sposteranno verso altre zone".

Il riscaldamento porterà ovviamente anche all'innalzamento del livello del mare che, secondo lo studio della Commissione europea, potrebbe crescere fino a un metro con costi ingenti per far fronte al fenomeno.

Già nel 2020, in caso di innalzamento della temperatura di 2,2 gradi, la spesa per far fronte al disastro delle coste potrebbe essere di 4,4 miliardi di euro; nel caso del secondo scenario (+3 gradi) la spesa aumenterebbe a 5,9 miliardi e potrebbe crescere a 42,5 miliardi nel 2080.

Ma il riscaldamento globale non risparmierà, secondo lo studio, neppure altri settori come la pesca. Dal rapporto emerge infatti una tendenza alla migrazione degli stock di pesce verso le aree più a Nord.

E c'è poi il problema delle inondazioni, sempre più intense un po' in tutta Europa. In proposito l'allarme riguarda soprattutto i grandi bacini fluviali, come il Danubio che già negli ultimi anni ha fatto sentire i suoi effetti interessando con gravi danni circa 240.000 persone.

E il turismo? Nota dolente ancora una volta per l'Italia e per gli altri Paesi del Mediterraneo. Il rapporto Ue non fa mistero sulle conseguenze drammatiche del cambiamento climatico. Sono circa 100 milioni le persone che ogni anno trascorrono le vacanze nel Sud Europa, per un giro d'affari di circa 130 miliardi di euro. Se non si porrà fine all'effetto serra, ammonisce lo studio, entro i prossimi 70 anni quel turismo mediterraneo non ci sarà più, per il Sud sarà soltanto desertificazione e la nuova riviera europea si sposterà inevitabilmente molto più a Nord.